Il Biviere, posto tra la piana di Catania e i monti Iblei a 10 Km a ovest del Mar Ionio sulla fertile pianura che corre da Lentini a Scordia, per secoli é stato il più esteso bacino lacustre delIa Sicilia, grazie al suo perimetro di oltre 20 chilometri e ad una superficie di 1200 ettari. La sua profondità massima era di poco inferiore ai due metri, anche se in annate molto piovose poteva arrivare sino ai 4 metri. Alcuni ne attribuiscono l'origine ai Templari, che lo avrebbero realizzato tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII; essi avrebbero sbarrato l'alveo del fiume Trigona-Galici, qualche centinaio di metri prima della confluenza nel fiume San Leonardo, con lo scopo di creare una riserva di caccia e di pesca. La leggenda narra invece che Ercole, recando in dono a Cerere la pelle del leone di Nemea, si fosse innamorato dei luoghi facendo nascere un lago che da lui avrebbe preso il nome. Il lago fu apprezzato e descritto già nell'Ottocento da viaggiatori stranieri, come Charles Didière, che, nell'agosto del 1829, chiamò il Biviere terza meraviglia della Sicilia. Il lago era però anche portatore di febbre e di morte: non appena arrivava il caldo, infatti, la malaria (descritta anche da Giovanni Verga) si diffondeva nel territorio circostante. Per questo motivo, vi furono già a partire dalla fine del XIX secolo, progetti di bonifica; l'ingegnere Angelo Omodeo elaborò nel 1919 un completo piano elettro-irriguo che prevedeva la trasformazione dell'antico Biviere in un grande lago artificiale per irrigare i pantani di Lentini e di Celsari (3 mila ettari) e la zona sud della piana di Catania (7 mila ettari). Obiettivo principale era quello di valorizzare l'agricoltura "ricca" delle colture arboree, in primo luogo gli agrumeti che si stavano espandendo a raggiera nelle aree della piana etnea servite dall'irrigazione. Da zona paludosa e fonte di malaria il vecchio lago di Lentini avrebbe dovuto ricostituirsi con un più alto tirante d'acqua e diventare la maggiore riserva idrica della Sicilia, per produrre energia e placare la "grande sete" delle campagne isolane. Intorno agli anni Trenta il lago venne prosciugato. I lavori di bonifica durarono circa trenta anni. Scomparve così il lago di Lentini e con esso anche la flora e la fauna che in esso proliferava.

Alla fine degli anni 70, si pensò alla ricostruzione del lago come serbatoio di acqua per uso agricolo e industriale. Fu con i finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno che venne realizzato un invaso più piccolo ma più profondo con una capacità di 127 milioni di metri cubi d’acqua ed un sistema di ricircolo forzato mediante pompe per evitarne il ristagno. Dopo lungo tempo e molte polemiche, dato che molti volevano riempirlo deviando l'acqua del bacino del Simeto, il bacino si è riempito trasformandosi nuovamente in un’importante oasi naturalistica e in habitat per la sosta di uccelli migratori e per la nidificazione di molte altre specie. Infatti, secondo alcuni censimenti della LIPU, sono state contate 25000 presenze di volatili, appartenenti a 150 specie diverse, 15 delle quali vi nidificano.

Esistono progetti di natura industriale che implicherebbero l'uso di ingenti quantità di acqua (1.400.000 litri all'anno) proveniente dal Biviere per la zona industriale del triangolo Priolo-Augusta-Melilli, a fronte di un impiego per l'irrigazione in agricoltura di gran lunga minore (450.000 litri l'anno). La presenza del lago inoltre potrebbe portare alla realizzazione di una futura centrale nucleare in zona (come da recenti proclami di politici nazionali e regionali).